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La ragazza con il vestito azzurro o il Riscatto

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Questo è il primo dei nove articoli che tra il 2012 e il 2013 sono apparsi sul mensile Quote Rosse a mia firma. Non essendo più online il sito della rivista, ho deciso di ripubblicarli qui, per dare la possibilità a chi fosse interessato di consultarli. Buona lettura.

La ragazza col vestito azzurro (1)«La ragazza vestita di azzurro sembrava non sapere nulla di quello che accadeva nel palazzo. Continuava a scendere le scale come un’ombra fra gli uomini sudati. Per Linda, però, ognuno di quei fatti aveva un significato e le insegnava qualcosa di più, molto di più, di quanto le insegnavano i libri che leggeva durante la notte.»

JORGE AMADO, Sudore

Salvador di Bahia, 1934. Anzi, non è esatto. Ladeira do Pelourinho, 1934. Numero 68 (numero profetico?). Un microcosmo è un microcosmo e va trattato come tale. Poco importa dove si trova. A dire il vero, poco importa anche quando si trova, se non per chiarire la cornice che va da sfondo alle vicende. Anche se, in questo caso, di vicende forse non si può neanche parlare. Nulla sembra cambiare nelle poco più di 100 pagine che compongono il capolavoro di Amado (ma ogni libro dello scrittore brasiliano è tale). Tranne un dettaglio. Prima però occorre fare un passo indietro.
Ladeira do Pelourinho, dicevamo. 1934. Numero 68, un palazzo di quattro piani. 116 locali in cui abitano circa 600 persone. I loro nomi, poco importa. È il palazzo stesso il protagonista del romanzo, creatura vivente e proteiforme dalle mille anime ma dall’unico cuore pulsante. Al suo interno, nei locali sporchi e maleodoranti, si fa la conoscenza di un campionario piuttosto variopinto di miserie umane.
Circondata dalla puzza di piedi c’è dona Risoleta, che infaticabile lavora alla macchina da cucire per mantenere Linda, la figlioccia, alla quale augura un destino migliore del proprio: il matrimonio con un ricco, con un padrone. C’è la tisica che occupa il solaio, coi i suoi colpi di tosse sembra stia per rendere da un momento all’altro l’anima al Creatore. Ci sono il professor Otávio, che dal dolore per la perdita della moglie e della figlia ha perso anche la ragione, e Cabaça, il mendicante, che si prende cura dei topi con i quali condivide l’angusto spazio del sottoscala. Nell’afa soffocante del pomeriggio si incontrano per le scale il negro Henrique, Julieta, Prendi-e-castra, una delle tante Marie senza padre e senza cognome che si guadagna da vivere al prezzo della propria dignità.
E poi, senza che il narratore ce ne descriva le miserie, compare una figura femminile. Scompare una figura femminile, apparizione fugace che scende leggera le scale inondate dal puzzo di piscio. Ha un vestito azzurro, nient’altro ci viene detto. Chi è costei che non sembra far parte della tragedia corale che Amado descrive? Non sembrano toccarla le tristi sorti dei coinquilini, neppure l’arresto dell’ebreo Isaac, neppure l’uccisione di Álvaro Lima, colpito da una pallottola in mezzo alla fronte mentre grida “Proletari di tutto il mondo, unitevi!”.
La ragazza col vestito azzurro (neanche lei ha un nome) ha trovato il suo Riscatto, e lo racconta a Linda, che incontra a metà delle scale. Sposerà il suo padrone, entrerà a far parte dell’alta società. Linda, i manifesti sotto il braccio, la guarda, sorride dolcemente. La Storia, qualunque cosa accada, è dalla sua parte.

La ragazza col vestito azzurro (2)Ma di quale Storia stiamo parlando? “Sudore”, terzo romanzo dell’allora ventiduenne (eh sì) Jorge Amado, definito dall’autore stesso come “quaderno d’apprendistato di un romanziere”, è prima di tutto un dito puntato contro la Storia, quella universale, quella che si trova sui libri, quella per la quale le storie (con la minuscola) esistono solo se servono a cementificare date e nomi già usati, già noti. Ma il cantore di Bahia ha la radicata convinzione che non ci sia bisogno di grandi numeri per fare la Storia, che una storia singola, semplice (banale?), sia sufficiente per cambiare equilibri e punti di vista.
Direttamente dall’esperienza biografica (lo stesso Amado, a 16 anni, aveva respirato l’odore acre del Sudore al numero 68 della Ladeira do Pelourinho) nasce questo documento incredibile, a metà tra il pamphlet e il Bildungsroman, che a sua volta vive un’esistenza abbastanza travagliata, finendo addirittura con l’essere bruciato in piazza nel 1937 per mano della polizia dell’Estado Novo, la dittatura fascista che Getùlio Vargas instaurò in Brasile tra il ’37 e il ’45. A questa Storia, cattiva e ottusa, Amado oppone quello che è prima di tutto un messaggio di speranza: se il testo ha infatti la lucidità della denuncia e la verità della testimonianza, esso è prima di tutto una parabola sul riscatto.
All’uccisione di Álvaro Lima, e all’arresto degli altri compagni che con lui avevano organizzato lo sciopero, fa seguito uno sdegno per la prima volta carico non più di cieca rassegnazione di fronte alle forze troppo grandi della Storia ma di una volontà di Riscatto che lega e accomuna tutti i protagonisti della storia e che ha la forza prorompente della speranza. A incarnare questa speranza è Linda, insospettabile protagonista della storia (e della Storia), che grazie ad amicizie, bisogni e letture ottiene finalmente la sua indipendenza, il suo Riscatto: non al singolare, grazie ad un matrimonio d’interesse, bensì al plurale, nella lotta comune.
Nel tentativo, difficile ma necessario, di costruire un mondo nel quale abbia ancora senso parlare di dignità e di giustizia.

“Suor” è stato pubblicato per la prima volta in Brasile nel 1934. La prima edizione italiana, a cura di Claudio Valentinetti, compare nella collana Oscar Mondadori nel 1985. Del 2007 è invece l’ultima ristampa della traduzione firmata da Daniela Ferioli per Einaudi.La ragazza col vestito azzurro (3)